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archivio-foto-locchi-igf_all_132-piazza-dei-ciompi_mgthumb-internaIl 4 novembre 1966 mi sono svegliata a casa di nonna, era una mattinata buia e pioveva. Sai che novità. Pioveva da un mese, con un cielo sempre aggrottato e pozze grandi come laghi sui marciapiede. Andavamo a scuola con la mantellina di cerata e gli stivali di gomma che chiamavamo “Chantilly”. Ma quella mattina, sarei partita da tutta quell’acqua e quel buio. Stavamo per trasferirci al mare, sulla costa adriatica, e il camion dei traslochi era partito già il giorno prima. Per questo dormivamo tutti da nonna, in Campo di Marte. Nessuno accendeva la televisione di mattina perché non c’erano programmi, quanto alla radio, non funzionava perché era andata via la corrente. Nonna commentò: “Sarà un guasto.”

Papà taceva, sorseggiava il caffè pensieroso. Io credo che un po’ immaginasse, perché il giorno prima , in auto, eravamo passati vicino alle spallette dell’Arno e il fiume ci aveva fatto paura. Gonfio, color del fango, arrivava fin sui bordi, correndo e rombando, infuriato. Mamma era già pronta, con il suo bel tailleur e le décolleté con il tacco, pronta a saltare in auto e scendere in una città asciutta e ventosa. Bussarono alla porta e nonna corse ad aprire. Era un amico di mio zio, il fratello giovane di papà che viveva in casa con nonna. Nessuno si era accorto che anche il telefono non funzionava e il ragazzo era corso di persona. “E’ successa una tragedia!” strillò, con le mani nei capelli. E’ un gesto che ho visto raramente, ma quella mattina me lo ricordo benissimo. Gli adulti confabularono tra loro. Mia sorella ed io fummo portate nella stanza di zio ad ascoltare i dischi che a me piacevano tanto, i 45 giri che zio aveva portato dall’Inghilterra. Poi papà si affrettò: “Andiamo” disse, brusco. Mamma aveva la faccia tirata, ma non ha mai contestato quel che diceva papà, si affidava completamente a lui. Salimmo in auto e papà disse: “Prendiamo la via vecchia, di là è tutto chiuso.” Mamma taceva, seduta accanto, torcendosi le mani in grembo. L’ansia si mescolava al vapore che appannava i vetri, ed era palpabile. Papà si diresse verso le colline, ma alcune strade erano interrotte, c’erano crolli di muretti, polizia che fermava le auto. Papà parlò con un poliziotto, spiegò che avrebbe preso il passo della Futa.

Con la mano, pulii il finestrino del vetro appannato. Guardai fuori, verso il basso, dove doveva esserci la mia città. Ero seduta dietro a papà, dissi: “Babbo, Firenze non c’è più.” Papà si voltò appena di lato: “Che dici?” chiese, e lanciò un’occhiata anche lui giù in basso. “C’è un lago” dissi io. Papà riprese a guardare avanti e commentò semplicemente: “Andiamo.” Il resto del viaggio è come un sogno, perché la pioggia non smetteva di cadere. Finché, dopo il Passo, e ben oltre, ci fermammo in un bar. La gente ci osservò, il barista ci chiese da dove venivamo. “Da Firenze” disse mamma. Si sollevarono esclamazioni, sguardi sorpresi e impietositi: “Siete sfollati!” disse una signora, portandosi la mano sul cuore. La televisione nel bar era accesa e fu lì che vedemmo le immagini della città allagata. Mamma dovette sedersi, le mancarono le gambe. Ci chiesero tutti se stavamo andando da parenti, e a noi bambine regalarono subito dei dolci. Ma noi andavamo in una città sconosciuta, senza amici né parenti, e a Firenze tornammo dopo anni, quando la vecchia città non c’era più, era stata spazzata via.

 

IMG_2830Si fa presto a dire e-book. Certi libri sono insostituibili: il pop-up, per esempio, soprattutto quando è così raffinato e, già che ci siamo, istruttivo. Ecco “La meraviglia di Firenze” (Marsilio, 2014) realizzata da un mago dell’arte con la carta qual è l’italiano (e veneziano) Dario Cestaro. Si tratta di un libro con pagine di cartoncino dai colori acquatici, nei toni dell’azzurro e verde mare. Aprendole, formano piccole sculture di carta che riproducono fedelmente i monumenti più famosi di Firenze, perfetti nella loro geometria rinascimentale o nella robustezza medievale, meravigliosi nei loro colori che queste immagini incoraggiano a vedere dal vivo: la cromia bianco-verde dei marmi con gli inserti rosso-arancio del cotto nel Duomo. il bruno terra del bugnato dei palazzi, il rosa che s’insinua tra il verde acqua della cattedrale gotica di Santa Croce.

E’, insomma, un piccolo capolavoro adatto a tutti, forse più ai grandi che ai piccini possibilmente non troppo piccini, perché il libro va gustato con gli occhi e non aggredito da manine che senz’altro amerebbero infilarsi nelle arcate del ponte Vecchio o di palazzo Pitti. Invece, il testo di Franca Lugato, che ci offre alcune indispensabili informazioni sui monumenti (e discretamente posto sotto linguette illustrate, in modo da non risultare una didascalia che guasterebbe la grafica), è in linea con immagini architettoniche di massima precisione, lo rende un libro per amanti dell’arte e dei libri, dell’architettura, della storia e soprattutto del nostro patrimonio che non c’è bisogno di andare a scovare chiusi in qualche museo o galleria: è disponibile a cielo aperto, basta soffermarsi a guardarlo.

Per i tanti amici che hanno intenzione di passare qualche giorno a Firenze, consiglio una visita al nuovo Museo del Novecento in piazza Santa Maria Novella, proprio di fronte alla magnifica chiesa disegnata da Leon Battista Alberti, nell’ex convento delle Leopoldine.

leopoldineE’ una di quelle architetture rinascimentali di tale armonia e bellezza, con il tipico bianco e grigio fiorentino, che contribuiscono a dare serenità e piacere a chi le abita, anche per poco tempo, per esempio quello della visita ai tre piani che offrono una testimonianza dell’arte dello scorso secolo in una città che ha sempre rischiato di restare impietrita ad ammirare il sontuoso passato e che pure molti artisti hanno cercato di sfidare, seguendo il suggerimento di critici del calibro di Carlo Ludovico Ragghianti, che esortava a non subire il “cabotaggio archeologico” del passato. Operazione difficilissima, perché Firenze non è Milano, più disinvolta e proiettata sulla modernità, ma è cittadina conservatrice, e dunque lo sforzo di artisti, architetti, designer e illustratori è quasi stato ignorato.

Certo, il Museo rammenta l’importanza editoriale e letteraria di una città che fu, per quasi tutto il Novecento, luogo di riviste letterarie e artistiche (per non dire degli editori oggi quasi del tutto scomparsi) e dunque potenziale piazza della discussione artistica, se non che il facile e più lucroso turismo di massa ha spazzato via ogni altra vocazione che non sia quella di spremere fragilissimi musei e un centro storico trasformato in una specie di Disneyland dove soprattutto si mangiano gelati panini e pizze.

Così, è commuovente aggirarsi in un Museo nuovo di zecca, progettato e realizzato da giovani fiorentini competenti, preparati e appassionati (la curatrice è Valentina Gensini), che alla città di consumo e molto consumata hanno saputo offrire una traccia concreta di cura, conservazione e valorizzazione, dinamica visione della modernità.

ghelliLa notte di San Valentino se n’è andato un caro amico, Giuliano Ghelli, un artista solare e gioioso, che con i suoi quadri e le sue sculture ci ha offerto una visione armoniosa, serena, del mondo.

Ho avuto la fortuna di conoscere e apprezzare Giuliano grazie ad amici comuni e visitare le sue mostre sempre incantevoli, ammirando in più occasioni il suo famoso “esercito di terracotta” formato da busti di donna con frasi incise, un esercito tutto femminile, anziché di guerrieri, e dunque un “esercito della pace”. Giuliano ha dato così il suo meraviglioso contributo alla pace e alla comprensione, a cominciare da quella tra uomini e donne.

Giuliano è scomparso fisicamente, ma non il suo spirito che resta con noi grazie alla sua arte rasserenante e luminosa.

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Come annunciato ieri, oggi pomeriggio ho presentato il libro per ragazzi di Marco Vichi, La notte delle statue (Salani) in occasione di una festa-presentazione collettiva nella libreria Castalia di Firenze.

vichiOriginariamente, Marco aveva scritto questa fiaba moderna, il viaggio notturno e magico di un bambino dentro il “giardino delle meraviglie” di Boboli (riconoscibilissimo benché non citato esplicitamente) su “un quadernone, come facevo allora. Il giardino lo conoscevo molto bene, tanti anni fa si entrava senza pagare un biglietto e io vi andavo spesso. Una mia amica, laureata in storia dell’arte mi aveva dato lo spunto, dicendo che sarebbe stata bella una storia dove si animavano le statue classiche, famose, del giardino rinascimentale. E’ bastato questo spunto perché io immaginassi subito una storia.”

Ma il libro non è stato pubblicato subito, nel frattempo Vichi ha intrapreso una carriera di scrittore di noir e romanzi d’investigazione, e la fiaba magica era stata messa da parte. Finché quest’anno, Marco ha deciso di riprendere in mano quel lavoro, rivederlo, e “usando l’esperienza trentennale di narratore, realizzare un libro in collaborazione con un artista che spesso illustra le copertine dei miei libri, Francesco Chiacchio.”

Una storia che ha il grande vantaggio di essere senza tempo, oltre che per ogni età, e dunque senza quella specie di data di scadenza che sempre più spesso ha la narrativa per ragazzi, dove, citando idiomi del momento e gadget presto “obsolescenti”, si rischia di finire invecchiati prima ancora di essere pubblicati.

la-notte-delle-statueLa notte delle statue (Salani) segna l’esordio di Marco Vichi, apprezzatissimo autore di romanzi soprattutto d’investigazione (celebre la sua “serie” incentrata sulla figura del commissario Bordelli e ambientata nella Firenze degli anni ’60 dello scorso secolo), nella letteratura per ragazzi.

Si tratta di un bel libro illustrato dalle matite suggestive e oniriche di Francesco Chiacchio, che sviluppa una fiaba fantastica e notturna, ambientata nel giardino di Boboli, dove le celebri statue classiche, di cavalli e bellissime fanciulle, giganti e bambini paffuti a cavallo di pesci strampalati, prendono vita, scherzano, danzano, intorno al piccolo Gigo che si è smarrito nel giardino ed è rimasto lì durante la notte.

“Io ai bambini ci credo e quello che racconterò l’ho sentito uscire dalle labbra di un bambino” così inizia la fiaba. Ne parliamo domani con Marco Vichi alla Libreria Castalia di Firenze (via Romana 153r) alle 16,30 in occasione della doppia presentazione: del mio “Io la danza le amiche e papà” e de “La notte delle statue”

oblate-bambini1renziEcco la nuova sezione bambini e ragazzi della Biblioteca delle Oblate di Firenze, inaugurata stamattina dal sindaco Matteo Renzi (nella foto a destra, con l’assessore alla cultura Sergio Givone)

E’ uno spazio molto bello, luminoso, solare, pensato per diverse fasce d’età, dai piccoli ai ragazzi. Dalle porte si accede  al bellissimo giardino rinascimentale (quello con le arcate nella foto sotto).

oblate-bambini2E’ un segno di grande apertura e civiltà, e direi anche di speranza, che si costruiscano e amplino, migliorino, abbelliscano le biblioteche, come spazi di incontro, lettura, partecipazione, formazione. Le biblioteche sono oggi ancor più una risorsa, in un periodo di difficoltà economica: permettono di accedere ai libri gratuitamente, offrono spazi per lo studio, la ricerca, incontri, accesso alla rete, wi-fi, contribuiscono a farci sentire meno soli e ci ricordano che leggere e studiare sono forti strumenti di conoscenza e di arricchimento personali e sociali.

Alieni1Ci sono gli alieni e vanno a due ruote (articolo uscito ieri su Repubblica Firenze)

Chi non lo avesse ancora fatto, si barrichi in casa. Altri seguano l’esempio dei fuggitivi. Quelli che hanno gridato per tempo: “la città è assediata!”. Quelli che si sono limitati a brontolare: “è una vergogna”, quelli che hanno seguito con terrore l’escalation dei segnali stradali, delle barriere, dei divieti di entrata e uscita. Perché lo sapete cos’è successo, no? Sono arrivati gli alieni. Proprio qui, nel cuore della città antica, nel salotto del Rinascimento.

Si sa, gli alieni non guardano in faccia a nessuno, dove atterrano atterrano e allora accade quello che sta succedendo oggi: strade vuote, polizia dappertutto, ululati di sirene, assembramenti di cittadini spaventati, scuole chiuse, elicotteri che volteggiano sopra i tetti e televisioni di tutto il mondo pronte ad assieparsi sul sagrato del Duomo. Alla ricerca di loro, gli stramaledetti alieni, piombati giù da qualche stella lontanissima, con le loro insospettabili astronavi. Chi l’avrebbe mai detto che gli extraterresti viaggiassero in bicicletta?

Chiaro che non sono bici qualsiasi, quelle comuni per intenderci: hanno telai sottili, leggerissimi, con ruote senza raggi che somigliano alle lame rotanti dell’antico Goldrake, emettono un sibilo sinistro e quasi non toccano terra. Non hanno impedimenti, freni, catene. Devono volare come razzi o proiettili, a una velocità siderale, magicamente senza motore, rumore, carburanti, senza accensioni né esplosioni. Ah, la sapienza aliena!

Ed eccoli, i mostri. Occhi da mosca, teste oblunghe, corpi umanoidi ma sottilissimi, avvolti in tute scintillanti, dai colori accesi come vespe o calabroni o farfalle, ma somiglianti a enormi locuste, il nostro peggior incubo. Visione dantesca: un girone con sciami di giganteschi insetti che caccia i peccatori dai loro comodi sedili di auto e moto, costringendoli a scarpinare, girare in tondo dietro transenne invalicabili… Sorge inevitabile la domanda: cosa abbiamo fatto per meritarci tutto questo?

Il merito è della città antica, della bellezza di strade e piazze che furono pensate come scenografie e che, liberate dalle moto e dalle auto, riprendono respiro, ampiezza, luminosità. E’ uno spettacolo mozzafiato ammirare le bici volanti che sibilano come frecce scagliate da un arco invisibile, una visione di pochi istanti, come il passaggio di una cometa.  Quel suono ventoso, la nota acuta di flauto o violino, non l’avverti sprofondato sul divano di casa davanti a uno schermo. Ti arriva solo quando sei lì che aspetti alle transenne, e hai un Incontro Ravvicinato del Terzo Tipo con le bici volanti.

D’accordo, dirai, ma il ciclismo non lo segui, non t’interessa, non ne sai niente. Cosa hai fatto per meritartelo, allora?

Niente, a volte capita di avere un regalo inaspettato. A volte il regalo è impegnativo, qualcosa che ti costringe a pensare o muoverti in un altro modo, che ti obbliga a cambiare abitudini, orari, e si sa quanto disturbo e ansia suscitano i cambiamenti. Allora, invece che fare lo struzzo con la testa sotto la sabbia, perché non fare un’esperienza nuova? Perché non godersi le giornate piene di sole e di silenzio in centro e in periferia, senza continuare a ripetere che è troppo? Non è invece una rivelazione la nostra città, sgombrata dalle solite avvilenti torme di traffico, soffocata dai fumi, preda di moto e camion, furgoni e pullman? Proviamo a seguire la scia delle comete che in questi giorni ci attraversano, magari sul loro esempio saliamo su un sellino, impariamo ad amare la bici.

ciclistaEccoli! Sono arrivati i campioni del Mondiale di Ciclismo che si tiene a Firenze.

Giornate bellissime, estive, con i palazzi che scintillano sotto il sole, le strade sgombre, e un gran silenzio soprattutto in centro.

A perte gli atleti, tantissimi cittadini sono saliti sul sellino e via per le strade, mostrando come potrebbe essere sempre la città, senza moto, senza auto. Qualcuno ha detto provocatoriamente che da tempo è stato inventato il motore e quindi non ha senso tornare a piedi o sui velocipede.

Da tempo è stata inventata anche la bomba termonucleare, non per questo siamo autorizzati a usarla.

Domani posto il mio contributo uscito oggi su Repubblica, nelle pagine di Firenze.