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Archivio mensile:marzo 2012

Ma no, non mi imbarazza recensire un volume dove c’è anche un mio contributo. Si tratta di Attenzione ciclisti in giro a cura di Marco Pastonesi e Fernanda Pessolano (Ediciclo).

Prima di tutto perché è un volume sulla bicicletta, e tutto quel che può servire ad incentivare l’uso della bicicletta è benvenuto.

Secondo, perché è un libro della simpatica casa editrice Ediciclo, che con passione e competenza lavora da anni su testi, narrativi oltre che divulgativi, che girano intorno al ciclismo e alla cultura ciclistica. Anche per questo volumetto, la grafica è assai curata, di grande impatto visivo.

Inoltre, perché i contributi sono veramente tanti per altrettanti temi, alcuni di facile connessione, come musica e bici (chi non conosce la canzone “Bartali”?) e anche viaggi, scrittori, ciclismo, città, ma… Pasolini? Bene, scopriamo che da giovane in bici andava a insegnare, viaggiava, macinando centinaia di chilometri, finchè, a Roma, Fellini non gli regalò la 600.

Ricchissimo di bibliografie (non a caso la curatrice Pessolano è animatrice di percorsi di lettura ed espositivi), il libretto ci mostra come della bicicletta, a differenza di altri sport, non si occupano solo giornalisti sportivi o ciclisti, ma tutti: grandi e, come è toccato raccontare a me, piccini.

Ieri mi arriva una mail da Amazon, con l’offerta di scaricare l’ultimo romanzo di Alessandro Piperno, Inseparabili, per 99 centesimi. Come! Il libro è uscito da poche settimane, è stato recensito con entusiasmo e ammirazione da critici blasonati, ha una splendida copertina con due pappagalli uno rosso e uno verde, che con lo sfondo bianco fanno bandiera italiana, già coccarda per il prossimo Premio Strega che sembrerebbe proprio spettare a lui… e il più grande bookshop on-line te lo propone a meno di un euro! Come mai? Per incentivare il numero degli e-book? Per aumentare la platea dei lettori?

Certo che me lo sono scaricato, costa meno del giornale, meno di un caffé, meno di un pacchetto di chewing-gum! Magari scoprirò con un moto di comprensibile invidia che in questo modo Piperno è diventato miliardario, come sembra sia successo a non so quale autrice sconosciuta americana, che ha messo in rete il suo libro per un dollaro e ha incassato un milione di dollari. Chi ha un libro nel cassetto, può sempre tentare, ha più probabilità che con la lotteria.

E bravo Malvaldi! Il suo libro “La carta più alta”(Sellerio) è molto accattivante. Un giallo classico, di quelli che attivano le capacità intellettuali, più che l’azione o l’affidamento a tecnologie complesse, e che tengono fuori dalla scena il crimine vero e proprio.

Però il fascino della storia non sta in quel piccolo mistero da sciogliere (non si tratta di una trama complessa come quelle di Camilleri) ma nell’ambientazione di paese della provincia pisana, e negli indovinatissimi, esilaranti, personaggi dei quattro vecchietti ispirati di certo dagli “Amici miei” di Monicelli, che Malvaldi cita nella storia. Quattro giocatori di carte accaniti, incollati alle sedie del BarLume (che sembra inventato da Benni), per la disperazione del barista, anzi barrista Massimo. Il quale è l’ultimo di una lunga serie di investigatori dilettanti ma efficaci, tipici del racconto d’investigazione moderno, dove spesso eccellono giornalisti o avvocati, ma si esercitano anche professori, bibliotecari, studentesse, bambini, animali.

Certo, bisogna dire che con i gialli di Malvaldi l’editore Sellerio conferma il suo ottimo fiuto nello scoprire bravi scrittori italiani di genere e di essere in sintonia con i gusti di un pubblico che apprezza gli autori che osano il localismo, addirittura il dialetto.

 

 

La scomparsa di Antonio Tabucchi mi addolora. Era uno scrittore che leggevo volentieri da ragazza, quando pubblicava con Sellerio (Notturno indiano, Donna di porto Pym per esempio) e i suoi erano soprattutto racconti, quelli che ora non vanno più di moda. E poi è l’autore del bel romanzo Sostiene Pereira, il suo più sentito, comunque quello che più ha commosso i lettori di mezzo mondo.

Tabucchi poi era un autore che si esponeva, s’indignava, se la prendeva con i potenti e non si faceva scrupoli a denunciare la tracotanza dei politici. Fatto piuttosto unico nel panorama italiano, dove gli scrittori non se la sentono di dissentire granché, soprattutto quando i potenti e i politici sono proprietari di case editrici o televisioni. Non si sa mai.

Insomma, il posto di Tabucchi resterà vuoto, in un ambiente ormai pullulante di scrittori, praticamente tutti esordienti, vuoi per età, per strategia editoriale (gli esordienti costano molto meno), per diffusione letteraria e vuoi perché siamo tutti, sempre e comunque, esordienti. Il pubblico non ricorda se non raramente, e poi è mutevole e non è certo sostenuto dall’informazione, per esempio televisiva, che agli scrittori riserva avaro spazio. D’altronde, l’ultimo libro del celebre poeta mario Luzi, s’intitolava, non a caso: “Dottrina dell’estremo principiante”

 

Che peccato per il film di Ozpetek! Magnifica presenza ha una bella fotografia, un cast ottimo, con un bravissimo Elio Germano (che devo dire ormai impazza in tutto il cinema italiano, ma sa cambiare ruoli da ottimo attore), una bella idea, e un bell’inizio, ma… poi il film perde ritmo, sembra sgonfiarsi, non sa più dove andare e alla fine non si risolve neppure.

Sembra che il regista provi a essere Almodovar, con personaggi simili, donne pettinate e truccate come quelle “sull’orlo di una crisi di nervi” di vent’anni fa, ma per esere Pedro bisogna avere un coraggio da leone e forse un contesto non italiano, che ancora è contraddistinto da una feroce omofobia. Così, Il protagonista “quasi” gay, resta in una specie di limbo senza sentimenti, senza una possibilità. Distratto dai fantasmi di casa, non riesce a vedere lo sguardo interessato del vicino di casa, non riesce a passare un provino e diventare attore, insomma non ce la fa a svilupparsi, a uscire da una nevrosi.

Magari è questo il significato del film, chissà. Però risulta noioso, tristarello alla fine. Con alcuni cameo raccapriccianti come Platinette al naturale, che sembra il Jabba di Guerre Stellari, flaccido, minaccioso, grugnente.

I cambiamenti sociali, di costume e di modello, sono assai visibili nei giovanissimi. Che l’era delle veline, delle cretine, delle ragazze perdute sia finita si può toccare con mano già nelle scuole medie.

Fino all’anno scorso arrivavano adolescenti pettinate con il liscio Pantene, con le borse al braccio e il telefonino in mano come le mogli dei calciatori o le ragazzette immagine, addirittura con enormi occhiali da sole tipo Victoria Beckham, una che riesce in un colpo solo a essere moglie di calciatore, velina, mamma e anoressica, shopping addicted e catalogo di chirurgia plastica.

Oggi va il modello Ariza: tantissime sfoggiano occhialoni da vista dalla pesante montatura nera, capello dritto (ma non proprio liscio setoso). In più, un look da college: scarpa da ginnastica bassa, felpa, leggins o jeans. Sparita la borsa, va una tracolla di plastica anni ’50, addirittura con su disegnata la celebre “Vespa”. Dopo l’infinita ricreazione, sembra che fin da piccini gli italiani siano tornati a scuola.

Dal Lago di Como, dov’ero ieri, sono adesso sul Lago d’Iseo. Stamattina ho incontrato i ragazzi delle scuole medie di Costa Volpino (BG) e stasera ci sarà una serata dedicata ai genitori sulla lettura.

Quando leggo e sento le lamentele, le preoccupazioni, intorno allo stato della lettura in Italia, penso a quanto lavoriamo insieme da tanti anni, autori bibliotecari insegnanti librai animatori. Un lavoro a tappeto, concreto, quotidiano, fatto di progetti che partono dalla base (dalla scuola, dalla biblioteca, dalla libreria), con la grande passione di chi lavora a stretto contatto con i ragazzi, con i bambini.

Poi leggo che si scrivono appelli, leggo che si fanno paragoni con paesi a lunga e consolidata e ricca tradizione non solo letteraria, ma editoriale, bibliotecaria, come l’Inghilterra. Si dimentica che dal 1995 al 2001, poco più di un quinquennio, si era smosso qualcosa, si era proposto aggiornamento sulla letteratura agli insegnanti, si era cercato di realizzare un progetto per le biblioteche scolastiche, in seguito soppresso, fino alla penosa situazione odierna in cui i rari e intrepidi addetti alla biblioteca scolastica (dove c’è) sono stati rimandati in classe.

Insomma, sono più di dieci anni che manca un progetto vero, condiviso, nazionale, magari ministeriale. Si fa quel che si può con i pochissimi mezzi a disposizione, con tagli alle biblioteche che rasentano la chiusura di strutture che invece sono frequentatissime, luoghi che offrono accoglienza, informazione, proposte culturali, oltre che, naturalmente, libri, consigli, navigazione Internet, CD e quant’altro GRATIS:

Quando ci domandiamo perciò perché i ragazzi sono restii a leggere, perché ancora gli e-book non sono decollati, perché un libro si porta ancora addosso l’alone di chissà quale fatica, quale martirio, la colpa non è del libro, di una storia bella o brutta, dell’antipatia dell’autore, e il problema non è offrire libri sempre più facili, sempre più stupidi, più simili alla televisione. Il problema è il contesto: un lettore si sente un pesce fuor d’acqua in un paese dove leggere non fa mai condivisione e neppure mai moda.

Nel mondo editoriale sempre più giovanilista, ci sono però libri non dico vietati, ma di assai difficile accesso per gli under 40. Perché parlano di “cose perdute” ed è difficilissimo capire quali cose siano se non si non viste con i propri occhi. Solo chi ne ha avuto diretta esperienza può ricordarle e provare un sentimento, un magone. Almeno così succede a me, vedendo in libreria la copertina di questo libro che riproduce il pacchetto di Nazionali che fumava mio nonno. Senza filtro, naturalmente.

Sto parlando del nuovo libro di Francesco Guccini, appunto Il Dizionario delle cose perdute (Mondadori), perché sopraffatte dalla modernità, ma come altri più nobili cose (il biscotto Madeleine) per nobilissimi autori (Marcel Proust), capaci di rievocare un mondo, il paesone Italia di quando ero bambina. Il mondo che Guccini cantava così bene quasi quarant’anni fa e che ha cantato fino agli anni ’90. Oggi Guccini scrive, e bene (d’altronde scriveva molto bene le canzoni che erano storie, ballate). Ogni oggetto che rievoca è un frammento atobiografico, ma anche una piccola storia.

Prendiamo “il lattaio e la carta moschicida”: potremmo anche iniziare “c’era una volta il lattaio che vendeva il latte sfuso” per dire quanto oggi sembra fiabesco. Se non che io mi ricordo benissimo di mia nonna con la bottiglia di latte, che veniva riempita con una tazza di latta, come racconta Guccini.

E poi la carta moschicida, il Flint, la Topolino, il prete: oggetti che è vero erano già un po’ vecchi quando ero ragazzina, ma che ricordo benissimo con tenerezza. Sì, non è un libro per giovani, ma magari i giovani da questo libro, come dalle canzoni di Guccini, possono provare a capire come erano i genitori, se non addirittura i nonni da ragazzi.

Sono a Lecco per il Festival Leggermente organizzato da un gruppo di librai, in collaborazione con le biblioteche e le scuole. Stamani ho tenuto un “reading” davanti a 500 ragazzi delle scuole medie e superiori. Il reading alterna letture (mie) tratte da alcuni miei romanzi a brani musicali suonati dal duo Simone Di Maggio (chitarra elettrica, voce) e Tommaso Faglia (Contrabbasso), brani che hanno diretta corrispondenza con i testi. Per esempio, per La linea del traguardo Simone e Tommaso hanno suonato Feel di Robbie Williams, per Dance si sono esibiti in Kiss di Prince, canzoni citate esplicitamente nei libri.

Personalmente, la musica mi ispira moltissimo. Entra dentro le pagine delle storie, a volte volutamente, per rimandi a canzoni che considero importanti, per i testi bellissimi e il sound originale; a volte quasi casualmente, e mi accorgo in un secondo momento che sotto certe espressioni c’era una melodia precisa, magari di una vecchia canzone.

Il lavoro con Simone e Tommaso mi ha permesso di rintracciare un piccolo percorso personale nella musica pop e rock disseminato in tanti libri diversi, in tante storie. Stamani lo abbiamo proposto con la speranza che qualcuno vada a leggersi i testi originali, forse ascoltare una canzone come “They dance alone” di Sting.