Esche vive di Fabio Genovesi (Einaudi 2011) è il romanzo scatenato, divertente, di un ragazzo di provincia, anzi di un piccolo e sfortunato paese della provincia (potrebbe essere pistoiese?), dove non c’è nulla di nulla, neppure l’invidiato Termovalorizzatore di un paese confinante che ne ha reso ricchi e pieni di offerte culturali gli abitanti. Qui, dove vive Fiorenzo, l’unica passione è il ciclismo e tutti gli occhi sono puntati su un ragazzino di massimo talento, Mirko il “Campioncino” scovato proprio dal papà dell’io narrante in una sperduta località del Molise.
Chi conosce certe cittadine toscane, sa che tutto quel che è narrato è assolutamente realistico: i Campioncini del ciclismo su cui tutti ripongono grandi speranze esistono davvero e riempiono i TG locali oltre che i discorsi dei bar.
Quanto al protagonista Fiorenzo, appassionato pescatore, si è mutilato da piccolo per una bravata adolescenziale: una bomba gli è scoppiata in mano mentre aspettava di lanciarla nel fiume per ammazzare i pesci, così è rimasto senza la destra, e ha reso infelice suo padre, che immaginava per lui un futuro, appunto, di campioncino.
La narrazione in prima persona di Fiorenzo, diciannovenne, si alterna con i pensieri di Tiziana, trentenne carica di master e onori universitari conseguiti all’estero, ma tornata in paese con l’idea di fare chissà quali progetti, quali iniziative, e langue invece in un Informagiovani frequentato dai vecchi del paese.
Insomma, si ride ma con l’amaro in bocca, perché questa è la fotografia dei nostri ragazzi, e delle nostre cittadine asfittiche, dove boccheggiano come pesci in un canale immobile quella che dovrebbe senz’altro essere la nuova “meglio gioventù”. E questi pesci pure si dibattono, ci provano a farsii valere…
Bravo Genovesi, che avevo recensito con il suo ottimo Morte dei Marmi. Lo consiglio ai giovani lettori over 15, e maschi, quelli che ti dicono: “un romanzo che palla”.