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Archivio mensile:agosto 2012

Che strano. Ogni volta che in un’intervista chiedono a Clint Eastwood quanto deve a Sergio Leone, lui risponde che è un’esperienza lontanissima, e che il debito è minimo.

Ma alla Convention Repubblicana, per introdurre il suo discorso, è apparso il maxischermo con El gringo, il Clint di “Il bello il brutto il cattivo” e la colonna sonora inconfondibile del nostro magnifico maestro Ennio Morricone.

Solo che il Gringo, il bellissimo e taciturno Clint, è oggi un signore molto anziano e ahinoi loquace. Per carità, ognuno ha le sue sacrosante idee e se Eastwood se la sente di appoggiare Romney, buon per lui, e se Obama ha deluso lui e i repubblicani più ancora che i democratici, fa bene a schierarsi.

Solo che a me fa tantissima tristezza vedere un attore (non proprio tra i massimi, ma era una star) e un regista che ammiro profondamente, balbettare su un palco a favore di un politico americano, uno qualsiasi, quando Clint è unico.

Il mio testo “Come si costruisce un percorso di lettura” (Mondadori) non è più in commercio. Si può trovare in biblioteca, ma a volte non è facile. Benché sia ancora uno strumento utile per gli insegnanti che vogliano realizzare un progetto lettura in classe o a scuola, è abbastanza difficile proporre una nuova edizione.

Ho pensato perciò di inviare io stessa il libro in formato pdf a quanti sono interessati al volume. Ovviamente l’invio è gratis.

Basta che ne facciate richiesta qui sul blog, lasciando i vostri recapiti mail. Grazie.

 

 

Esche vive di Fabio Genovesi (Einaudi 2011) è il romanzo scatenato, divertente, di un ragazzo di provincia, anzi di un piccolo e sfortunato paese della provincia  (potrebbe essere pistoiese?), dove non c’è nulla di nulla, neppure l’invidiato Termovalorizzatore di un paese confinante che ne ha reso ricchi e pieni di offerte culturali gli abitanti. Qui, dove vive Fiorenzo, l’unica passione è il ciclismo e tutti gli occhi sono puntati su un ragazzino di massimo talento, Mirko il “Campioncino” scovato proprio dal papà dell’io narrante in una sperduta località del Molise.

Chi conosce certe cittadine toscane, sa che tutto quel che è narrato è assolutamente realistico: i Campioncini del ciclismo su cui tutti ripongono grandi speranze esistono davvero e riempiono i TG locali oltre che i discorsi dei bar.

Quanto al protagonista Fiorenzo, appassionato pescatore, si è mutilato da piccolo per una bravata adolescenziale: una bomba gli è scoppiata in mano mentre aspettava di lanciarla nel fiume per ammazzare i pesci, così è rimasto senza la destra, e ha reso infelice suo padre, che immaginava per lui un futuro, appunto, di campioncino.

La narrazione in prima persona di Fiorenzo, diciannovenne, si alterna con i pensieri di Tiziana, trentenne carica di master e onori universitari conseguiti all’estero, ma tornata in paese con l’idea di fare chissà quali progetti, quali iniziative, e langue invece in un Informagiovani frequentato dai vecchi del paese.

Insomma, si ride ma con l’amaro in bocca, perché questa è la fotografia dei nostri ragazzi, e delle nostre cittadine asfittiche, dove boccheggiano come pesci in un canale immobile quella che dovrebbe senz’altro essere la nuova “meglio gioventù”. E questi pesci pure si dibattono, ci provano a farsii valere…

Bravo Genovesi, che avevo recensito con il suo ottimo Morte dei Marmi. Lo consiglio ai giovani lettori over 15, e maschi, quelli che ti dicono: “un romanzo che palla”.

Ma come ci piace questo favoloso passato medieval-rinascimentale, a noi italiani (ma anche francesi e inglesi)! E’ bello perché invece di vestirsi in maschera a sproposito, tipo Carnevale o Halloween, abbiamo una ragione più o meno tradizionale, più o meno religiosa, per indossare abiti di velluto di foggia quattrocentesca e sfilare per le vie dei borghi.

Qualcuno non può fare a meno degli occhiali, e pazienza, a qualcuno squilla il cellulare sotto la cotta dell’armatura, e va bene, non siamo mica pignoli, non è un film di ricostruzione storica, che poi anche quelli ne mostrano, di svarioni!

Molti poi pensano che Medioevo e Rinascimento più o meno siamo lì, in effetti ormai c’è una distanza dalla nostra epoca di centinaia di anni, e allora cento più cento meno, che problema c’è?

E guai a far notare che pure il Medioevo ha le sue differenze, alto e basso, mille anni di storia… Guai! Perché passi subito da guastafeste, noioso, professore, tuttologo, a meno che tu non finga di aver appena consultato Google dal telefono. Magari tra un po’, anche a scuola, alle interrogazioni, sarà consentito spippolare sul cellulare e amen.

Non sono d’accordo con quanti si sono affrettati, post Olimpiade, a definire il nostro paese ormai “di serie B” anche per lo sport, a causa dei mancati programmi scolastici e della perenne ubriacatura calcistica che blocca altre scelte sportive.

Questo mi pare un discorso sorpassato. Andava bene negli anni della mia giovinezza, i famosi anni ’70 e inizi ’80, quando noi giovani eravamo davvero sfisicati, secchi secchi, e si fumava come ciminiere. Ma sono passati più di trent’anni e oggi se vai in un parco corrono tutti, giovani e vecchi, per non parlare di quanti frequentano le piscine e quante piscine sono state impiantate, nei paeselli come nelle città. Vogliamo poi parlare dei ciclisti di ogni età e livello? E delle maratone di ogni tipo in tantissime città? E in mare o sui laghi dei surf, kite surf, barche a vela, canoe, nuotatori?

Certo, la gran parte degli sport, che pure vantano molti praticanti e tifosi, non sono mai sotto l’occhio dei media, ma allora si potrebbe domandarsi se una responsabilità ce l’abbiano i media più che gli sportivi e i frequentatori. Quanto alle strutture scolastiche, ci siamo ormai rassegnati da decenni a farne a meno. Ci basterebbe avere gabinetti decenti.

Riguardo alla serie B a causa dello sport, non mi pare siano i paesi più civili e meglio organizzati, democratici e sensibili a vincere. Che dovrebbero dire allora Svezia, Finlandia o Paesi Bassi?

Visto che ci sono passata in macchina, anch’io posso ben dire di aver frequentato quest’anno la Costa Azzurra, tornata assai in auge nel bel mondo?

Confesso: ho dormito a Nizza, addirittura! E sapete quanto ho speso? Camera doppia: 65 Euro in due (esatto, 32,5 euro a testa): stanza con vista sul mare, aria condizionata, bagno, e la mattina sono persino andata a correre nella promenade des Anglais. L’albergo, semplicissimo ma comodo, fa parte della catena ETAP, che dubito esista in Italia, perché a queste cifre non si trova nemmeno una stanza in bed and breakfast.

Così l’Italia in piena crisi si mantiene il paese più caro d’Europa, oltre che, ahimé, uno dei più sporchi.

Chissà se tutta quella moltitudine di turisti che s’inerpica per la salita della città medievale di Carcassonne, fotografando a ogni pié sospinto e poi incantandosi davanti a ogni scorcio, pure strapieno di negozietti bar e ristoranti, che pare di essere a San Marino, chissà se tutti coloro sanno che la città con le sue mura superbe, perfette, i tetti a cono come nel castello di Disney, in realtà è tutta rifatta, prodotto dell’archistar del 1800 Eugene Viollet-Le-Duc?

Sito dell’Unesco, che devo dire il suo marchio lo dà spesso e volentieri (compreso il famigerato ponte di Biscaglia, una passerella di ferro con una gru che porta (poche) macchine da una parte all’altra del fiume Nervion, in un sobborgo industriale di Bilbao che ho visitato in notturna, e per fortuna!), la cittadella così ricostruita ha fatto la fortuna di Carcassonne e provincia perché tutti siamo qui a passeggiare e fotografare e cenare, naturalmente, e comprare chicche e ammennicoli vari. Nell’era del consumismo e dell’immagine, questo è un luogo perfetto.

Poi c’è sempre la mania medievale, intramontabile. Tutti i paeselli del sud della Francia hanno la loro festicciola in tema medievale, come da noi in Italia, con sfilate in costume e giostre o gare. Proprio oggi da noi si celebra il Palio di Siena, massima attrazione di stampo medievale.

Tra l’altro, si diceva tutto un fotografare. Il video è caduto in disuso. Non si vede più una telecamera, neppure quelle micro che fino a una decina di anni fa impazzavano, con gente che filmava tutto il viaggio minuto per minuto. Con il digitale e soprattutto il cellulare che scatta immagini migliori delle antiche Leika, tutti sono fotografi, e addirittura inviano istantaneamente la foto ad amici o su facebook, così non c’è nemmeno più bisogno di domandare: “dove sei?”

Biarritz è un posto assai alla moda. Infatti c’è tutta quell’atmosfera vacanziera piuttosto benestante, che non pare infastidita dalla crisi. Nel centro negozi di alta moda come se fosse uno scampolo di Parigi (per esempio troneggia Hermes, a volte si sentisse il bisogno di acheter una borsetta da mille euro, non si sa mai), sulla promenade tanti bar e ristorantini con i tavoli fuori, tutto assai ordinato, ma – desolée – il golfo di San Sebastian, poco lontano, è nettamente più bello, più spettacolare. Tra l’altro, proprio a San Sebastian ho assistito allo spettacolo di fuochi artificiali seduta sulla spiaggia, pensate un po’, su una comoda seggiolina messa a disposizione per 1 euro. Una “noche” molto ben organizzata e fuochi fantastici che vediamo se riesco a postare prima o poi.
Si diceva Biarritz e il beau monde, di surfisti e sciccosi. Si fa per dire, guardate l’effetto carnaio molto spiaggia italiana di questa foto. Conviene “non ti curar di lor ma guarda e passa”. Infatti sono passata e basta. A me pare che la Francia dia il meglio di sé, all’interno con paesi stupendi, campagna meravigliosa, e un paesaggio curatissimo (non una cartaccia lungo le strade, ma come si fa?). Ogni piccola località  lungo la strada ha qualcosa di speciale, è bella, e c’è una grande gentilezza. Quest’armonia è una festa per l’occhio demoralizzato dalla bruttezza dei palazzacci affacciati sull’Oceano. E’ certo la beach mania importata dagli States che ha preso piede dalla metà del secolo scorso ad aver sfregiato le coste fino ad allora contenute.

Uno guarda le foto del museo del mare a San Sebastian o a Biarritz e gli sembra impossibile che fossero porti di pescatori di balene, e che le balene si cacciassero con gli arpioni in mano, una lotta titanica tra uomini in piedi su gusci di noci e bestioni che con una codata potevano portarseli giù nell’abisso.

Allora si capisce perché oggi Melville è un rebus. Cosa vuoi che a un surfista interessi del disgraziato Capitano Ahab?

La mostra di David Hockney al Guggenheim di Bilbao mi ha spinto a conoscere meglio questo artista tra i più celebri dei nostri tempi. Soprattutto per la sua inesauribile curiosità e la sfida a confrontarsi con nuovi mezzi espressivi messi a disposizione dalla tecnologia, così abbiamo suoi dipinti su I-pad o su I-phone, grandi schermi con riprese televisive composte da tanti tasselli, simili ai suoi impressionanti quadri formati da tante piccole tele dipinte a olio oppure dipinte su I-pad e stampate. L’obiettivo è di creare un’opera nella quale si sta dentro, avvolti, proprio come in un bosco.

Questi contenuti li leggo direttamente dalle sue parole raccolte in “A Bigger Message. Conversation with David Hockney” di Martin Gayford (Thames & Hudson, 2011). Il celebre critico d’arte, in diversi appuntamenti, ha incontrato l’artista nel paese di Bridlington nella costa nord est dell’Inghilterra, dove Hockney si è praticamente ritirato dopo aver vissuto per quarant’anni a Los Angeles, osannato come una star (e amico di star) fin da quando era un giovanissimo (poco più che ventenne) pittore.

Non sempre gli artisti sanno spiegare l’origine o le motivazioni o i contenuti, tanto meno il “messaggio” della loro arte. Anzi, per molto tempo il messaggio è stato bandito da ogni tipo di espressione artistica, dalle arti rappresentative a quelle performative alla letteratura: il messaggio, se c’era, era il pubblico a trovarlo e a volte sembrava che certi artisti intendessero anche “peggio per voi se lo cercate, un messaggio”. Invece Hockney non teme di parlare apertamente di significati, di spiegare, offrire chiarezza e addirittura proporre la “verità” dell’arte.

Da questi maestri c’è sempre molto da imparare.

Bellissimo il golfo di San Sebastian, brulicante di gente in spiaggia. Il mare è caldo, e c’è una gran massa di gente per le stradine della città vecchia. Certo, questi spagnoli ci sono andati giù pesante con le costruzioni. Quanti bruttissimi palazzi, grattacieli, e aggiunte orrende a case vecchie. Ce l’hanno messa tutta per rovinare coste splendide, aggredire una natura benigna che offre un paesaggio incantevole, con il sole e la brezza fresca, e un mare tiepido pur essendo Oceano Atlantico.

Un po’ si capisce come funziona quando, come nel mio caso, si affitta un appartamento da un tizio che dev’essere completamente matto. Anzitutto, il proprietario non si trova qui, ma è in Turchia e da laggiù ha pensato bene di organizzare l’affitto di questo monolocale che in Internet appariva molto carino e ben tenuto, nella realtà posso ben definirlo, con un eufemismo, “sgarrupato”.

Si tratta di un monolocale ricavato in una stanza “aggiunta” a una vecchia casa di campagna, una costruzione senza fondamenta, con un sacco di roba abborracciata, quel tipo di arredamento messo insieme con pezzi avanzati o usati. Infatti non funziona l’aria condizionata, né la Tv, non parliamo del gas che è finito proprio la scorsa notte, perché va con la bombola, tipo dopoguerra! In più, una casa che puzza di umido, anzi di muffa. Come ho detto, il proprietario è vacante e ha lasciato qui un povero amico olandese a dare una mano. Così, devo dire che stamani c’è stato un consesso internazionale per aprire il portello della lavatrice ovviamente rotto: due olandesi, due italiani, un basco, un americano e la moglie spagnola. Indovinate chi c’è riuscito? (*)

E poi mi chiedono come invento le storie!

(*) l’americano dopo un certo studio su come i portelli rotti hanno un sistema di sbloccaggio manuale.